L’Università di Pisa ha riformulato lo Statuto per inserire il rifiuto a collaborazioni per produzione o sviluppo di armi.
Dopo l’approvazione la settimana scorsa da parte del Senato Accademico e pochi giorni fa del Consiglio di Amministrazione, il passo compiuto dall’Università degli Studi di Pisa sarà destinato a determinare importanti e positive ricadute.
Questo poiché l’Università di Pisa si asterrà da qualsiasi coinvolgimento di ricerca in ambito militare o collaborazioni per sviluppo, produzione o perfezionamento di armi o sistemi di arma da guerra.
Già nella delibera del Senato Accademico lo scorso Giugno l’Università degli Studi di Pisa aveva preso le distanze da qualsiasi eventuale collaborazione per ricerca in ambito militare
La nuova formulazione dello Statuto dell’Università di Pisa dovrà poi essere ratificato dal Ministero dell’Università e della Ricerca ma in ogni caso quanto fatto rappresenta una prima determinante applicazione concreta della delibera che il Senato Accademico straordinario aveva emesso il 13 Giugno scorso.
In quel documento infatti l’Università degli Studi di Pisa aveva già assunto una netta posizione contraria ad eventuali collaborazioni per produzione di armi da guerra, sviluppo di armi da guerra o ricerca in ambito militare.
La giusta risposta al Governo che, fedele ai dettami del segretario generale della Nato, continua con maggiori spese militari e mentalità di guerra
Il Governo, in virtù della decisione inserita nell’art.5 del DL infrastrutture approvato dal Consiglio dei Ministri nel mese di Giugno, ha appena stanziato la prima tranche di €20 milioni per la realizzazione di una nuova base Nato ed oltretutto nel Parco Nazionale di San Rossore.
Nei siti web di aziende quali Leonardo, Avio Aero e Deas sono elencate le università coinvolte in collaborazioni e convenzioni di varia natura
Quanto stabilito dall’Università degli Studi di Pisa in merito alle modifiche al proprio Statuto e cioè il pieno rifiuto ad eventuali collaborazioni per produzione, sviluppo, perfezionamento di armi o sistemi di arma da guerra è senza dubbio la migliore risposta ai perduranti atteggiamenti dei guerrafondai euroatlantisti.
Gli accordi tra Università di Pisa e settori della difesa per ricerca in ambito militare
Sin dall’inverno del 2022 con numerose assemblee ed iniziative non solo a livello di università ma anche di città era iniziato un processo teso a desecretare e stralciare gli accordi tra l’Università degli Sudi di Pisa e settori della difesa oltre ad aziende attive nella ricerca in ambito militare.
Dati non aggiornati indicano che sono oltre 60 le università coinvolte in progetti di ricerca in ambito militare con società private spesso “sconosciute”
Cosa assolutamente non facile ma grazie alla pressione della mobilitazione era stato possibile, limitatamente al periodo 2018-2022, individuare alcuni accordi finalizzati a collaborazioni tra l’Università di Pisa e società del settore della produzione o perfezionamento di armi o sistemi di arma da guerra.
Il Centro Alti Studi per la Difesa (Casd) ha avviato da tempo un accordo con l’Università Federico II di Napoli
In realtà desecretare e stralciare gli accordi sottoscritti fra istituti universitari ed aziende operanti nella ricerca in ambito militare è ormai una priorità non solo per l’Università degli Studi di Pisa ma per tutti gli atenei italiani che da tempo vivono in prima persona la proliferazione di collaborazioni più o meno manifeste per produzione o sviluppo di armi o sistemi di arma da guerra.
PoliMI, PoliTo, l’Università La Sapienza, l’Università di Genova e quella di Bologna hanno in corso accordi-quadro con il gruppo aerospaziale Leonardo SpA
In aggiunta il gruppo aerospaziale ha in corso con le università italiane circa 60 progetti di ricerca.
Apparentemente la collaborazione dell’azienda con le università è assolutamente legittima però tale legame è inevitabilmente destinato a snaturalizzarle.
Il gruppo aerospaziale Leonardo Spa ha in corso collaborazioni con oltre 90 centri di ricerca ed università in tutto il mondo
Gli istituti infatti presto non potranno più prendere posizioni etiche su questioni quali armamenti e guerra nel momento che il loro partner, il cui fine ultimo è il profitto, si è infiltrato al punto di realizzare interi ambiti di ricerca quali il master gestito da Leonardo SpA presso il Politecnico di Torino.
Nel 2022 l’Università di Torino aveva preso posizione contro l’accordo Politecnico di Torino-Frontex a seguito delle polemiche relative a gravi violazioni dei diritti umani
Ciononostante le collaborazioni per la fornitura di mappe aggiornate fra Politecnico di Torino e l’Agenzia che sorveglia le frontiere esterne europee era stata rinnovata.
A seguito del rapporto discutibile con Frontex a Torino è nato il Coordinamento per l’etica nella ricerca (Certo) composto da ricercatori, docenti e studenti dell’Università e del Politecnico di Torino.
In generale maggiore è il legame fra tali soggetti imprenditoriali e le università e maggiore sarà la perdita per gli istituti stessi in termini di libertà e natura proprie.
La militarizzazione delle università inizia con collaborazioni per ricerca in ambito militare
Ecco perchè il precedente costituito dalla riformulazione dello Statuto dell’Università degli Studi di Pisa circa il rifiuto a collaborazioni per produzione o sviluppo di armi è assolutamente determinante.
Tutto ciò è una conseguenza diretta del Piano nazionale della ricerca militare (Pnrm) lanciato nel 2022 dal Ministero della Difesa e finalizzato all’incremento del patrimonio di conoscenze della Difesa nei settori dell’alta tecnologia.
In altre parole da un lato un ministero che offre denaro per fare ricerca in ambito militare e dall’altro aziende private ed atenei che si uniscono.
Il protocollo d’intesa sottoscritto nel 2019 tra Università degli Sudi di Pisa ed Aeronautica Militare
Ecco un esempio di “cultura di scambio e di saperi”, per usare un concetto caro al professore Michele Lancione del Politecnico di Torino, autore del saggio “Università e militarizzazione” pubblicato da Eris edizioni nel 2023.
La “cultura di scambio e di saperi” è spesso sostituita dal termine “sinergia” e cioè l’incontro e la collaborazione fra realtà precedentemente non comunicanti fra loro ma ora impegnate, indipendentemente dal fatto che la collaborazione o progetto sia di natura civile o militare, a creare relazioni e scambiare esperienze.
Il protocollo in oggetto siglato nel 2019 fra l’Università di Pisa e l’Aeronautica Militare prevedeva un percorso formativo articolato in otto incontri tra i quali “Sicurezza e protezione del territorio, Difesa dello Stato: giurisdizione e competenze, Italia e rapporti di Difesa con l’Ue e la Nato”.
Università degli Studi di Pisa, alcune collaborazioni per ricerca in ambito militare, sviluppo, produzione o perfezionamento di armi o sistemi di arma da guerra
Sulla base di quanto reso noto dall’Ateneo gli accordi consistono in collaborazioni con Ministero della Difesa ed Accademia Navale (per cui ricerca in ambito militare su sistemi sonar, esposizione ad onde elettromagnetiche ed immagini satellitari), Leonardo SpA prima azienda di armi in Ue, Mbda Italia SpA specializzata in sistemi missilistici per terra, aria e mare, Pietro Beretta SpA, Simmel Difesa SpA attiva nella produzione di munizioni.
Non stipulare più accordi di “cultura di scambio e di saperi” e tantomeno di ricerca in ambito militare determinerà uno stop all’escalation bellica ed una sostanziale demilitarizzazione delle università
Per comprendere la relazione profonda e datata che lega gli atenei italiani al mondo complesso ed articolato della ricerca in ambito militare (termine volutamente generico che include qualsivoglia tipo di collaborazioni per produzione, sviluppo o perfezionamento di armi o sistemi di arma da guerra) basti pensare che nel periodo 2010-2018 il Dipartimento delle Difesa Usa ha stanziato finanziamenti complessivi per circa $15 milioni ad atenei italiani per seminari, conferenze e progetti di ricerca (vedi link: Il ruolo dell’università nell’escalation militare).
Per entrare nel dettaglio, l’Università degli Studi di Pisa ha beneficiato di questi stanziamenti a fronte di sei specifici progetti di ricerca ai quali occorre però aggiungere quelli tecnico-scientifici che rientrano nella “cultura di scambio e di saperi” o “dual use” come correttamente sottolineato dal professore Michele Lancione.
Iniziative seminariali e conferenze che pur apparentemente estranee a convenzioni e ricerca contribuiscono ad “orientare” gli indirizzi scientifici degli atenei.
Ricerca e cultura non sono neutrali ed il comitato tecnico-scientifico della Fondazione Med-Or nata per iniziativa di Leonardo SpA ospita ben 15 rettori di università italiane
La Fondazione Med-Or nasce nella primavera del 2021 e tra gli obiettivi, oltre alla promozione di attività culturali, vi è “ricerca e formazione scientifica” in un’area estremamente estesa che giunge sino all’estremo oriente.
Nel comitato tecnico-scientifico della Fondazione vi sono addirittura 15 rettori di università oltre a numerosi professori di atenei.
Le università che hanno sottoscritto accordi-quadro con la Fondazione Med-Or, vero e proprio apparato accademico di Leonardo, sono cinque e cioè i Politecnici di Torino e Milano e le università di Bologna e Genova oltre a La Sapienza di Roma.
In aggiunta vi sono ben 60 progetti di ricerca congiunta fra Leonardo ed altre università italiane e numerosi progetti, con informazioni spesso secretate circa le attività, con società attive nel settore della difesa quando non direttamente i corpi dell’esercito ed il Ministero della Difesa.
Per una conoscenza dettagliata circa la militarizzazione in atto da tempo delle università è consigliabile la lettura di quanto pubblicato nell’articolo intitolato “Troppi legami tra università ed industrie delle armi”.
Da dove iniziano le mobilitazioni contro collaborazioni e ricerca in ambito militare
Le mobilitazioni di studenti e parte del corpo docente di università e scuole italiane contro collaborazioni e ricerca in ambito militare hanno avuto inizio da tempo e specialmente contro quelle imprese che direttamente od indirettamente “partecipano” al genocidio del popolo palestinese.
Dalle prese di posizione iniziali contro le collaborazioni delle università italiane con l’occupazione della Palestina si è passati successivamente all’opposizione nei confronti della militarizzazione delle università, militarizzazione confermata peraltro da una crescente presenza dell’industria militare negli atenei italiani.
Il primo passo compiuto dall’Università di Pisa contro la militarizzazione degli atenei, l’interruzione del bando Maeci Italia-Israele
Un primo passo importante compiuto dall’Università di Pisa per poi giungere all’attuale decisione di interrompere collaborazioni connesse a ricerca in ambito militare, sviluppo, produzione o perfezionamento di armi o sistemi di arma da guerra è stato fatto lo scorso anno quando l’ateneo aveva riconsiderato il bando del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (Maeci) Italia-Israele.
Iniziata con l’Università degli Studi di Torino che il 19 Marzo 2024 aveva approvato la mozione che vietava la partecipazione al bando Maeci, la decisione di interrompere la cooperazione scientifica, tecnologica ed industriale Italia-Israele si era poi estesa rapidamente coinvolgendo un numero sempre più crescente di atenei con ampie adesioni anche da parte di assegnisti, dottorandi e docenti.
Gli studenti avevano poi annunciato una mobilitazione nazionale in tutte gli atenei nel periodo 3-10 Aprile, mobilitazione che dopo le università di Bologna e Roma aveva visto l’occupazione dell’Università Federico II di Napoli.
Conseguentemente a quanto deciso da altri atenei circa l’interruzione di qualsiasi forma di cooperazione scientifica, tecnologica ed industriale con Israele anche l’Università di Pisa aveva richiesto al Ministero degli Esteri di rivalutare l’accordo contenuto nel Maeci.
Posizione ovviamente stigmatizzata dal ministro Bernini che aveva giudicato estranea da sempre agli atenei ogni forma di esclusione o boicottaggio “ignorando” in tal modo che l’unico strumento per porre fine ai conflitti è quello di interrompere definitivamente non solo ogni ricerca in ambito militare ma specialmente qualsiasi tipo di “cultura di scambio e di saperi” o “dual use” con entità compromesse o colluse con la Difesa.
L’astensione dell’Università degli Studi di Pisa da qualsiasi coinvolgimento di ricerca in ambito militare è in perfetta coerenza con l’art.11 della Costituzione
In conclusione, quanto intrapreso nel Marzo dello scorso anno con la mozione presentata dagli studenti dell’Università degli Studi di Pisa, con particolare riferimento al Mur ed al Maeci Italia-Israele, altro non era che una richiesta perfettamente in linea con l’art.11 della Costituzione e cioè il totale rifiuto di bandi e progetti da realizzare con Paesi che non rispettassero strettamente i principi costituzionali dell’Italia.
Sulla base di questa interpretazione assolutamente ineccepibile si potrebbe addirittura ravvisare un evidente principio di anticostituzionalità in qualsiasi iniziativa che veda istituzioni italiane coinvolte in ricerca in ambito militare o collaborazioni per sviluppo, produzione o perfezionamento di armi o sistemi di arma da guerra.
Fedeltà alla Costituzione per battere definitivamente la militarizzazione delle università
Con la netta presa di posizione del Senato Accademico prima e del Consiglio di Amministrazione subito dopo, l’Università di Pisa si è posta all’avanguardia per quanto concerne il panorama accademico italiano.
Attenendosi strettamente ai principi costituzionali, l’Università degli Sudi di Pisa ha ribadito con la massima determinazione e compattezza la sua vocazione culturale ed educativa astenendosi nel futuro da eventuali collaborazioni orientate alla ricerca in ambito militare ed opponendosi alla militarizzazione delle università.
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