La Ue vuole 10mila miliardi di risparmi dei cittadini europei per spese militari Nato e riarmo europeo.
E’ questo in estrema sintesi il concetto espresso chiaramente nel cosiddetto “Libro Bianco per il Futuro della Difesa Europea” dove la Commissione Ue propone appunto di “mobilitare” ben 10mila miliardi di risparmi dei cittadini europei.
Scopo di questa operazione è finanziare le accresciute spese militari Nato ed il riarmo europeo.
Oggetto del desiderio da parte della Ue sono i risparmi dei cittadini europei parcheggiati nei conti correnti che, secondo i piani della bellicosa cricca euroatlantista di Bruxelles, verrebbero quindi trasformati in capitali a rischio e prontamente investiti per sostenere la competitività dell’industria militare e quindi incrementate spese militari Nato e riarmo europeo.
Per realizzare questa operazione di “mobilitazione” dei risparmi dei cittadini europei la Commissione Ue ha già focalizzato i passi necessari e cioè innanzitutto la creazione di appositi conti di risparmio ed investimento destinati ai cittadini.
La Ue vuole 10mila miliardi di risparmi dei cittadini europei per finanziare ulteriore spesa militare e riarmo europeo e per questo dovrà abbattere le barriere finanziarie nel mercato interno
L’eliminazione delle barriere finanziarie fra gli Stati che compongono la Ue sarebbe il secondo, inevitabile passo che implica però una pericolosa cessione di sovranità non solo finanziaria ma anche militare.
Questi conti, veri strumenti finanziari, abbinerebbero le caratteristiche di quelli standard di risparmio con opzioni di investimento concedendo rendimenti più stimolanti rispetto ai conti di deposito.
Attraverso una revisione di due diligence, trasparenza e requisiti prudenziali per assicurazioni ed istituti di credito accompagnata da una sorta di deregolamentazione finanziaria, i 10mila miliardi di risparmi dei cittadini europei verrebbero in tal modo convogliati sotto forma di investimenti per finanziare le incrementate spese militari Nato e di riarmo europeo.
I veri problemi dell’Italia non sono le accresciute spese militari per Nato e riarmo europeo ma piuttosto i salari reali che dal 2008 ad oggi sono diminuiti dell’8,7%
Come scrive l’Organizzazione Internazionale del Lavoro nel suo ultimo rapporto, le misure di adeguamento salariale nel corso degli ultimi due anni non hanno minimamente compensato l’aumento del costo della vita e gli italiani continuano a faticare sempre più a fronte di retribuzioni quasi completamente azzerate dall’incidenza dei costi di beni e servizi di prima necessità.
In Italia i costi relativi all’abitazione sono fra i più alti dell’Ue mentre quelli per utenze e generi alimentari sono aumentati più dell’indice generale dei prezzi.
Per salvare gli italiani da una povertà crescente è indispensabile fermare demenziali spese militari, velleitarie politiche di riarmo europeo ed assurdi piani di riconversione industriale verso un’economia di guerra
Come se non bastasse, l’Istat nell’ultimo rapporto intitolato “Condizioni di vita e reddito delle famiglie” dello scorso mese di Marzo ha sottolineato, dopo aver valutato in termini reali sia redditi che salari e patrimoni, che le famiglie italiane si ritrovano a disposizione meno di quanto avessero prima.
Ad esempio nel 2023 i redditi reali, ovvero tenendo conto dell’inflazione, risultavano ancora addirittura inferiori al 2003 ed unico caso fra i principali Paesi europei gli stipendi reali subivano la stessa sorte risultando sempre nel 2023 ancora più bassi rispetto al 2013.
A proposito poi di ricchezza netta, le famiglie italiane si confermano più povere rispetto al 2005.
In conclusione, l’unica cosa che cresce in Italia è la povertà.
Secondo Moody’s ulteriori spese militari per Nato e riarmo europeo renderebbero l’Italia estremamente vulnerabile
L’agenzia di rating Moody’s si è espressa pochi mesi fa in maniera molto chiara circa la situazione dell’Italia che, in caso di incremento dei fondi destinati alla spesa militare della Nato secondo quanto richiesto dal Presidente Usa, vedrebbe il debito pubblico raggiungere il 147% del Pil entro il 2030.
Una situazione insostenibile che, insieme ad altri motivi di natura quotidiana, ha ormai portato il 55% degli italiani ad esprimersi contro ulteriori spese militari e demenziali corse al riarmo europeo in un sondaggio dello scorso mese di Dicembre.
Nel 2025 le pensioni in Italia aumenteranno mensilmente di €1,90
In Italia negli ultimi dieci anni la spesa militare per via della Nato è aumentata del 132% mentre per pensioni, sanità, scuola e protezione ambientale i fondi sono rimasti invariati se non addirittura ridotti.
E come se non bastasse, in Italia non esiste un salario minimo per legge.
Ma naturalmente tutto ciò non interessa affatto al Governo italiano che concentrato sul riarmo europeo e la guerra contro la Russia ha concordato pochi giorni fa con la Commissione Ue pagamenti per €3,5 miliardi a Kiev per il sostegno alla pubblica amministrazione e la promozione di riforme.
Si tratta della terza erogazione di fondi Ue che complessivamente hanno toccato l’importo di €143 miliardi.
Continuano le farneticazioni della mentalità di guerra della Ue determinata a condurci ad una economia di guerra
A questo punto è necessario sottolineare in dettaglio i motivi per i quali la Ue vuole almeno 10mila miliardi di risparmi dei cittadini europei giacenti a vario titolo nei conti correnti.
Finanziare ulteriori spese militari ed il riarmo europeo sono infatti obiettivi prioritari solo per quanti vogliono condurci ad una economia di guerra frutto di una farneticante mentalità di guerra della Ue peraltro svelata apertamente dallo stesso segretario generale della Nato Mark Rutte sin dal discorso di insediamento (vedi link: Nè maggiori spese militari nè mentalità di guerra).
Altro che finanziare con i risparmi dei cittadini europei la crescente spesa militare della Nato e di riarmo europeo, l’unico elemento importante è il 23,1% degli italiani a rischio di povertà od esclusione sociale
Risulta infatti che quasi un italiano su quattro si trovi in una delle seguenti drammatiche situazioni:
- rischio di povertà e cioè qualora un individuo viva in una famiglia il cui reddito netto equivalente dell’anno precedente sia inferiore al 60% di quello mediano, inferiore quindi ad €30.039;
- in grave deprivazione materiale e sociale e cioè quando un individuo presenti almeno sette segnali di deprivazione sui complessivi 13 individuati dall’indicatore Europa 2023;
- bassa intensità di lavoro e cioè nel caso individui fra 18 e 64 anni abbiano lavorato nel 2023 per meno di un quinto del tempo.
Occorre poi considerare il progressivo calo di potere di acquisto che affligge gli stipendi degli italiani anche a fronte di eventuali incrementi salariali.
Se, ad esempio, il reddito medio di una famiglia italiana nel 2023 è cresciuto del 4,2% rispetto al precedente anno, l’inflazione ne ha ridotto il suo valore reale nella misura dell’1,6%.
In una tale situazione di incombente generale miseria, qualunque dichiarazione favorevole ad un incremento delle spese militari della Nato e di pianificato riarmo europeo non può che risultare pura farneticazione.
A proposito di incombente miseria è importante sottolineare che, come certificato dall’Istat, con il passaggio dal reddito di cittadinanza all’assegno di inclusione il Governo italiano ha penalizzato gravemente almeno 850mila famiglie peraltro già tra le più povere del Paese.
Con il nuovo sistema un quarto di esse ha subito un danno mediamente quantificabile annualmente in €2.600 mentre ben tre quarti sono state assolutamente escluse da ogni beneficio.
Ma queste, come direbbe il celebre Totò, sono solo quisquilie e pinzillacchere per il Governo italiano e la Ue i cui stonati e monotoni tromboni mediatici sono da anni concentrati esclusivamente su temi quali Kiev, ulteriori spese militari per la Nato ed imperativo riarmo europeo per fronteggiare un fantasioso quanto non meglio precisato “attacco” della Russia nei prossimi anni.
Le recenti modifiche allo Statuto dell’Università degli Studi di Pisa, esempio di un crescente rifiuto di militarizzazione delle università, spesa militare e riarmo europeo
Lo scorso mese di Febbraio l’Università di Pisa ha riformulato il proprio Statuto inserendo il rifiuto a collaborazioni finalizzate a produzione o sviluppo di armi (vedi link: Università di Pisa, no a collaborazioni per sviluppo di armi), sicuramente la migliore risposta ai bellicisti, la cricca euroatlantista di Bruxelles per prima, che vogliono a tutti i costi incrementare la spesa militare non solo per la Nato ma anche per il riarmo europeo.
Dopo un primo parere del Senato Accademico è stata la volta del Consiglio di Amministrazione esprimersi chiaramente e lo ha fatto in piena coerenza con studenti e parte del corpo docente ufficializzando nel proprio Statuto l’impegno formale a non più effettuare alcuna ricerca in ambito militare ed altresì a rifiutare collaborazioni finalizzate a produzione, sviluppo, perfezionamento di armi o sistemi di arma da guerra.
A questo punto è però necessario sottolineare che il rifiuto dell’Università di Pisa a qualsiasi ricerca in ambito militare o collaborazioni per sviluppo, produzione o perfezionamento di armi o sistemi di arma da guerra è perfettamente in linea con l’art.11 della Costituzione.
Fedeltà alla Costituzione per battere definitivamente la militarizzazione delle università
Un rifiuto netto quello dell’Università di Pisa ad ogni collaborazione e ricerca in ambito militare a cominciare dalle aziende che direttamente od indirettamente “partecipano” al genocidio del popolo palestinese.
La successiva opposizione alla militarizzazione dell’Università di Pisa, militarizzazione confermata negli ultimi anni da una crescente presenza dell’industria militare in numerosi atenei italiani, è poi stata manifestata ufficialmente con l’interruzione del bando Maeci Italia-Israele peraltro iniziata nell’Università degli Studi di Torino nel Marzo 2024 e poi estesasi rapidamente ad un crescente numero di istituti universitari.
Fedeltà alla Costituzione per ripudiare non solo la guerra ma tutto quanto ad essa connessa, in primis spese militari e riarmo europeo
L’art.11 della Costituzione è estremamente esaustivo circa l’impegno dell’Italia a ripudiare la guerra, un impegno che il Paese si è assunto adottando a tutti gli effetti la Carta Costituzionale.
Il concetto di ripudio della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali è estremamente chiaro nonché assolutamente estendibile a quanto concettualmente assimilabile alla guerra e cioè spesa militare e riarmo.
Venirne meno implicherebbe un evidente principio di incostituzionalità.
Ma il Governo italiano tira diritto e si allinea agli euroatlantisti della Ue per ulteriori spese militari, riarmo europeo ed addirittura economia di guerra
Mentre la Ue vuole almeno 10mila miliardi di risparmi dei cittadini europei per spesa militare Nato e riarmo europeo il Governo italiano si allinea alla cricca euroatlantista e guerrafondaia di Bruxelles valutando addirittura la riconversione industriale per una economia di guerra
E’ infatti di poche settimane fa l’annuncio da parte del Governo italiano di un possibile piano per la conversione delle fabbriche automobilistiche in industrie attive in sviluppo, produzione o perfezionamento di armi o sistemi di arma da guerra.
In altre parole una effettiva riconversione industriale per dar vita ad una economia di guerra.
Tutto ciò è perfettamente in linea con il “Libro Bianco per il Futuro della Difesa Europea” dove i guerrafondai euroatlantista di Bruxelles persistono nello psicoterrorismo sostenendo che la Russia sia una “minaccia esistenziale” e che costituisca “la minaccia diretta e indiretta più significativa per la Ue e la sua sicurezza nonchè per la sicurezza dei Paesi candidati e dei partner della Ue”.
Beninteso tutto questo non è assolutamente suffragato da prove od argomenti incontrovertibili.
Panico e psicoterrorismo, le strategie della Ue per “mobilitare” ed incanalare 10mila miliardi di risparmi dei cittadini europei per crescenti spese militari Nato e riarmo europeo
Tanto, per il Governo italiano “una scheda elettronica funziona sia in un veicolo urbano che in un elicottero, un cingolato muove un trattore come un blindato” come dichiarato all’incontro del Tavolo Nazionale Automotive causando peraltro ovvie ed aspre critiche da parte di sindacati ed opposizione.
Quanto attualmente all’esame del Governo italiano si inserisce perfettamente nel progetto bellicista denominato “ReArm Europe” che, approvato ad inizio Marzo dal Consiglio della Ue, implica investimenti per €800 miliardi nei prossimi quattro anni.
E’ proprio in quest’ottica, finalizzata dalla Ue che vuole almeno 10mila miliardi di risparmi dei cittadini europei, che la cricca di Bruxelles si sta adoperando per coprire l’accresciuta spesa militare della Nato garantendo di conseguenza il riarmo europeo.
Ma l’Italia che non ci sta si sta mobilitando contro le spese militari per il riarmo europeo voluto dai bellicisti di Bruxelles
Contro la demenziale mentalità di guerra e di riarmo europeo in vista di una più che ipotetica guerra contro la Russia si stanno mobilitando ultimamente decine di piazze in tutta Italia.
Il 15 Marzo hanno avuto luogo due manifestazioni a Roma, in piazza Barberini ed alla Bocca della Verità ed una terza a Milano mentre il 28, 29 e 30 Marzo vi è stato un incontro nazionale di tre giorni intitolato “Riarm? No! Reset against the war” sempre contro ulteriori spese militari Nato e riarmo europeo.
La maggior parte delle iniziative sono nel mese di Aprile ed elencate nel calendario online (vedi link: noguerranonato.org) del Coordinamento Nazionale No NATO istituito pochi mesi fa.
A Napoli vi sono state ben due manifestazioni, il 4 Aprile davanti alla ex base Nato di Bagnoli ed il 5 a Casoria mentre il 6 nella Galleria del capoluogo campano parteciperà anche una delegazione sudcoreana.
Studenti in piazza in oltre 30 città anche contro spese militari, riarmo europeo e guerra
Contro i tagli dei fondi destinati all’istruzione ma anche contro le nuove e crescenti spese militari anche per la Nato nonché il riarmo europeo decine di migliaia di studenti sono scesi in piazza in oltre 30 città italiane nella mattina del 4 Aprile rispondendo all’appello delle organizzazioni Osa e Cambiare Rotta.
A Roma, davanti al Ministero dell’Istruzione, è stata data alle fiamme una grande bandiera della Ue, il vero istigatore e responsabile delle politiche di riarmo europeo.
Alle manifestazioni ha partecipato anche l’Unione Sindacale di Base che ha scioperato non solo contro il rinnovo contrattuale ma anche contro lespese nel riarmo europeo che di fatto impediscono gli investimenti in scuola, istruzione ed in ogni settore del servizio pubblico.
L’appello sull’università lanciato dagli organizzatori ha avuto ovunque un grande successo, a Roma oltre 100 fra ricercatori e docenti lo hanno firmato ed alcuni di loro hanno anche partecipato al presidio.
A Roma è stata indetta una grande iniziativa che vedrà più movimenti contro spesa militare e riarmo europeo
Sempre il 5 Aprile ma questa volta a Roma in piazza Vittorio Emanuele è stata indetta una manifestazione da parte del Movimento Cinque Stelle che ha visto la partecipazione, in un gesto di unità forse dettato dalla gravità degli eventi, del Coordinamento e di altri gruppi anti-establishment come Rete No War oltre a numerosi intellettuali italiani comunque non appartenenti al movimento M5S.
Fanno parte di quest’ultimo nutrito gruppo di oltre 400 firmatari l’ex-ambasciatrice Elena Basile, l’editor Giulia Abbate, il docente Alexander Hobel e lo storico Angelo D’Orsi che si sono appellati per trasformare l’iniziativa di una singola forza politica in una manifestazione di massa caratterizzata dal rifiuto della mentalità di guerre della Ue, della crescente spesa militare per la Nato e del riarmo europeo.
Secondo il pensiero del famigerato Mario Monti che tutti ricordano tristemente, l’Europa “ha bisogno di gravi crisi per fare passi avanti” e cioè ulteriori ed intollerabili perdite di sovranità nazionale come appunto per realizzare il maligno piano della Ue che vuole almeno 10mila miliardi di risparmi dei cittadini europei.
Un piano che mira, come detto precedentemente, all’eliminazione delle barriere finanziarie fra gli Stati che compongono questo tragico carrozzone denominato Ue.
Attenzione però, perchè a pagare le conseguenze di accresciute spese militari Nato e di riarmo europeo potrebbero essere ora più che mai con i loro 10mila miliardi di risparmi proprio i cittadini europei.
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