Intelligenza artificiale (IA) ed automazione causeranno solo disoccupazione e sfruttamento del lavoro umano.
I numeri relativi alla disoccupazione sono chiari ed estremamente brutali, una sintesi spietata del disastro anche in termini di diseguaglianze sociali e sfruttamento del lavoro umano determinato da intelligenza artificiale (IA) ed automazione qualora tali perversi fenomeni pianificati dai poteri oligarchici non verranno fermati in qualunque maniera.
Infatti la disoccupazione è destinata a crescere per ben 92 milioni di corrispondenti posizioni che entro il 2030 verranno deliberatamente cancellate nei settori:
- manifatturiero: l’automazione metterà ad elevato rischio disoccupazione figure professionali quali saldatori, addetti a linee di assemblaggio ed operai;
- commercio al dettaglio: i ruoli di addetti a vendite e casse verranno progressivamente eliminati dall’automazione;
- trasporti e logistica: conducenti di taxi, camion ed operatori di ride-sharing saranno a forte rischio disoccupazione per via della progressiva diffusione di veicoli a guida autonoma;
- ristorazione: l’automazione potrebbe letteralmente azzerare posizioni quali personale di cucina, addetti alla reception e camerieri;
- lavori d’ufficio: in questi casi sarà l’intelligenza artificiale a condannare alla disoccupazione quanti ricoprivano ruoli amministrativi e di segreteria;
- servizi finanziari: nei settori assicurativo e finanziario l’IA renderà automatizzati compiti inerenti a reportistica, transazioni e contabilità;
- sanità: dalla disoccupazione di massa causata da intelligenza artificiale ed automazione non scamperanno nemmeno figure professionali qualificate come quelle di medici ed infermieri che saranno sostituiti da un algoritmo come dimostrato dal cinese Agent Hospital per ora ancora virtuale.
Disoccupazione e sfruttamento del lavoro umano crescenti sono pertanto da attribuire alla diffusione criminale dell’IA, peraltro già presente in varia misura nel 60% delle aziende, ed automazione.
L’automazione risulta poi esporre a forte rischio disoccupazione il 49% dei lavoratori più giovani e cioè nella fascia 18-25 anni.
L’intelligenza artificiale (IA) sta già rubando il lavoro ai giovani
Secondo quanto redatto nel Future of Jobs 2025 del World economic forum (Wef) l’intelligenza artificiale sta già creando problemi occupazionali alle figure entry level e cioè ai più giovani.
Intelligenza artificiale ed automazione, cause non solo di disoccupazione ma anche di sfruttamento del lavoro umano
Ad esempio Morgan Stanley e Goldman Sachs hanno già valutato la possibilità di abbassare i salari dei giovani in organico oltre a ridurre di circa il 60% le assunzioni di junior staff proprio in virtù dell’apporto determinato dall’IA.
Non solo sfruttamento del lavoro ma anche la crescente disoccupazione giovanile è da imputare ad automazione ed intelligenza artificiale
Sempre sulla base del documento del Wef, il 40% degli imprenditori ha già iniziato a valutare la riduzione del proprio personale in quei settori dove IA ed automazione lo consentiranno.
Che si tratti di posizioni in studi legali piuttosto che nei comparti retail o programmazione l’intelligenza artificiale sta ostacolando sempre più l’accesso dei giovani al mercato del lavoro riuscendo infatti a svolgere compiti che inizialmente erano assegnati ai junior e cioè back office, assistenza ai servizi clienti, marketing, debug, codifica ecc.
I lavoratori, considerati più che mai un ostacolo al raggiungimento di ulteriori profitti d’impresa, verranno in parte conservati a fronte però di un estremo sfruttamento del lavoro
La qualità delle condizioni di lavoro o per meglio dire il crescente sfruttamento del lavoro umano a seguito dell’impatto di automazione ed intelligenza artificiale sono aspetti sino ad ora poco valutati.
Eppure basta guardare a quanto accade negli innumerevoli fulfilment centres di Amazon sparsi nel mondo per scoprire che il lavoro manuale e di fatica resta più che mai umano mentre quello decisionale spetta all’algoritmo che impartisce ordini, calcola i tempi e talvolta licenzia a fronte del know-how che gli è stato fornito.
Disoccupazione di massa e sfruttamento del lavoro per quanti scampati alla falcidia, ecco i veri obiettivi alle spalle di intelligenza artificiale, automazione e robot umanoidi
Nel frattempo in alcuni reparti di Amazon si assiste all’incontrario e cioè ad una proliferazione di robot umanoidi come dimostrato da un video allucinante (vedi link: Amazon deploys 1 million robots) che peraltro conferma il criminale progetto di sostituire addirittura un milione di lavoratori addetti ai magazzini con robot umanoidi dotati di intelligenza artificiale (IA).
Come affermato da Jason Resnikoff, la presenza umana resta anche se ridotta e si affianca a macchine/automazione in un mix variabile che contraddistingue un processo estremo di sfruttamento del lavoro umano squisitamente capitalistico.
Le preoccupazioni infatti vertevano e vertono più che mai sul pericolo altissimo che i lavoratori possano subire una crescente disoccupazione per poi essere sostituiti da robot umanoidi, automazione ed IA.
Sotto questa nuova chiave di lettura vale appunto la pena considerare l’opinione di Jason Resnikoff, professore di Storia contemporanea ed autore del testo “Labor’s End: how the promise of automation degraded work”.
Secondo Jason Resnikoff il frequente ricorso alla definizione di automazione altro non è che una precisa strategia per ottenere la massima degradazione del lavoro piuttosto che la sua abolizione con il ricorso alla tecnologia.
Sulla base del suo pensiero il ricorso alle macchine del secolo scorso, da tempo sostituite dall’automazione, è stata una scelta per rendere sempre più economico il lavoro umano che in ogni caso rimarrà essenziale pur se ridotto ai minimi termini anche in un futuro dominato da robot umanoidi, intelligenza artificiale ed automazione.
In altre parole l’impegno e la presenza umana, anche se minimizzati numericamente e come incidenza, rimarranno sempre ma varierà la loro combinazione con macchine/automazione e subiranno un costante e crescente processo di vero e proprio sfruttamento del lavoro.
Ad una analoga, mesta conclusione giunge anche Alessandro Delfanti autore di “Il magazzino, lavoro e macchine ad Amazon” con il quale ci illustra la realtà dei fulfilment centres sparsi nel mondo del colosso di Seattle.
I sopravvissuti alla disoccupazione creata da robot umanoidi, intelligenza artificiale ed automazione non scamperanno allo sfruttamento del lavoro umano
Come giustamente asserito da Jason Resnikoff le macchine/automazione non determineranno per certo la fine di impegno diretto e presenza umana, piuttosto li minimizzeranno numericamente e come incidenza ma specialmente porteranno lo sfruttamento del lavoro umano al parossismo come peraltro sta già avvenendo.
La realtà distopica di questo capitalismo plasmato da intelligenza digitale (IA) ed automazione contro il quale bisogna assolutamente lottare in ogni maniera
I fulfilment centres di Amazon, come dettagliatamente spiegato nel testo di Alessandro Delfanti, sono la dimostrazione che il lavoro umano manuale e di fatica scomparirà mai in una realtà tayloristica distopica dove intelligenza artificiale, algoritmi ed automazione gestiscono, comandano, eseguono e stabiliscono ruoli, modalità, tempistiche e licenziamenti di indispensabili lavoratori umani.
Dipendenti che nei magazzini subiscono un inimmaginabile sfruttamento del lavoro culminante in malattie professionali, pressione psicologica incessante ed infortuni continui diretta conseguenza di movimenti ripetitivi che inevitabilmente coinvolgono sempre gli stessi tendini e muscoli.
Una ricerca da parte di Microsoft conferma lo sfruttamento ed il progressivo degrado del lavoro umano da parte dell’IA
Come scritto precedentemente, secondo Jason Resnikoff impegno e presenza umana rimarranno nel prossimo futuro anche se ridotti numericamente e come incidenza mentre a variare sarà la combinazione con macchine/automazione, tutti fattori che determineranno non solo disoccupazione ma anche un costante e crescente processo di vero e proprio sfruttamento del lavoro.
A conferma di tale interpretazione vi è un’analisi ad opera di Microsoft intitolata “Working with AI: Measuring the Occupational Implications of Generative AI” (vedi link: Working with AI) che sottolinea il violento impatto dell’intelligenza artificiale generativa quasi esclusivamente su occupazioni caratterizzate da ruoli cognitivi.
Anche le posizioni creative ed artistiche saranno sempre più vittime della disoccupazione determinata dalla criminale diffusione dell’intelligenza artificiale (IA) generativa
In altre parole, la disoccupazione/sfruttamento e semi-desertificazione del lavoro umano che caratterizza l’intelligenza artificiale generativa colpiranno prevalentemente i ruoli definiti creativi in quanto in grado di sostituirli come peraltro già dimostrato dall’attacco nei confronti di immagini, musica, pubblicità e serie tv.
In pratica ogni produzione artistica mentre verranno parzialmente salvate, anche se soggette ad un crescente sfruttamento/degrado del lavoro umano, posizioni quali ad esempio addetti a pulizie e lavapiatti.
I motivi per cui l’intelligenza artificiale sostituirà anche l’arte sono svariati, in primo luogo in quanto è più facile da ottenere anche se totalmente priva di anima.
Un elemento che dovrebbe essere determinante ma che, purtroppo insieme alla qualità, ben poco importa alle grandi masse che ascolteranno sempre più musica, leggeranno sempre più fumetti ed ammireranno sempre più dipinti generati dalla nefasta intelligenza artificiale in quanto tutto sommato abbastanza buoni e specialmente economici.
Infatti negli ultimi anni sono stati sviluppati devastanti algoritmi in grado di generare dipinti, opere d’arte, fumetti, testi letterari e composizioni musicali attraverso l’elaborazione di quanto preesistente nei rispettivi settori ed alla successiva combinazione del tutto in maniera innovativa violando qualsiasi diritto d’autore.
Con risultati, in definitiva, di scarsa qualità ma con costi estremamente contenuti oltre che sfortunatamente in grado di svilire il genio umano ed estendere difficoltà economiche, disoccupazione e sfruttamento del lavoro umano anche nelle arti creative.
Un’ennesima dimostrazione di quanto algoritmi ed IA rappresentino il male assoluto, un vero attacco all’umanità ed alla sua stessa sopravvivenza materiale.
Oltre ai danni devastanti in termini di disoccupazione, l’intelligenza artificiale nel campo artistico e quindi della creatività in generale determina una produzione estremamente rapida ed in grado di adattarsi ai gusti del pubblico ma senza anima, priva di quelle emozioni autentiche fondamento essenziale dell’arte e priva anche di innovazione basandosi appunto su modelli preesistenti.
In conclusione, anche in ambito artistico/creativo è decisamente improbabile che l’intelligenza artificiale (IA) sostituisca completamente scrittori, musicisti e pittori ma piuttosto renderà la presenza umana come impegno e genialità non più indispensabile.
Anche in questi settori artistici/creativi è più che mai valida l’idea di Jason Resnikoff circa la minimizzazione e svalutazione dell’elemento umano in questo caso geniale/innovativo e pertanto una degradazione del suo contributo che determinerà inevitabilmente un nefasto fenomeno di sfruttamento del lavoro.
Nel Global South sfruttamento del lavoro umano e sorveglianza dei lavoratori attraverso automazione, intelligenza artificiale ed algoritmi
Se intelligenza artificiale ed automazione sono causa primaria di disoccupazione, l’IA è da tempo utilizzata specie nel Global South per uno sfruttamento del lavoro caratterizzato da un’estrema sorveglianza dei lavoratori in virtù di normative meno rigide causa primaria di una maggiore vulnerabilità dei dipendenti.
Anche nel Global South l’intelligenza artificiale è indispensabile per l’ossessivo sfruttamento del lavoro umano pianificato dai poteri oligarchici
Scarse tutele sindacali e quasi totale assenza di regole hanno consentito la diffusione nel Global South della nefasta intelligenza artificiale che, ad esempio attraverso bossware, permette di controllare in tempo reale e da remoto qualsiasi aspetto della vita lavorativa dei dipendenti fornendo innumerevoli informazioni a cominciare da quando si assentino dalla postazione assegnatagli e per quanto tempo restino attivi.
In Bangladesh lo sfruttamento del lavoro nel settore della moda è possibile grazia alla pervasiva intelligenza artificiale (IA)
Nell’industria tessile, che vede una netta prevalenza di personale femminile, il controllo è estremamente serrato in virtù dello smart manufacturing (che di smart ha solo la malvagità a monte dell’IA, un sistema collegato ad ogni macchina da cucire e che fornisce sul rispettivo display dettagli su numero di pezzi realizzati, ritmo di produzione insufficiente od in linea agli obiettivi ecc.
Questo sistema di sorveglianza continua, denominato “No idle” cioè “mai fermi”, riduce al minimo lo spazio individuale rendendo talvolta impossibili addirittura le pause per recarsi alle toilettes, nel timore di non raggiungere gli obiettivi produttivi stabiliti da intelligenza artificiale ed algoritmi.
Affaticamento, stress, insicurezza permanente e paura della disoccupazione sono gli scopi ultimi dell’intelligenza artificiale che anche in questo piano sistematico di logoramento si conferma conditio qua non per un estremo sfruttamento del lavoro umano.
Come sostenuto da Jason Resnikoff, per quanto concerne il lavoro manuale e di fatica questo resterà più che mai umano mentre agli algoritmi dell’intelligenza artificiale tragicamente abbinata all’automazione competeranno sempre più ruoli di comando al fine di raggiungere e mantenere un sistema di totale sfruttamento del lavoro.
Lo sfruttamento del lavoro subito in Kenya dai professionisti che operano dietro le quinte dell’intelligenza artificiale (IA)
L’educazione degli algoritmi o per meglio dire il loro “apprendimento” dipende esclusivamente dall’etichettatura dei dati, un passaggio determinante per l’intelligenza artificiale che avviene ad opera di decine di migliaia di professionisti spesso anche laureati.
Nello specifico stiamo parlando di ghost, micro o click work, attività alle quali si ricorre per addestrare e garantire gli algoritmi dell’IA distribuendo ad un gruppo di operatori spesso ubicati a livello globale le attività che costituiscono la linea diretta di sviluppo dell’intelligenza artificiale stessa.
In Kenya questi operatori efficienti e fino a poco fa silenziosi si sono recentemente organizzati nell’associazione Data Labelers Association (Dla) stufi di remunerazioni che, quando avvengono veramente, toccano i pochi centesimi/ora.
Scopo dalla Dla, che nella sua prima settimana di vita ha già ottenuto 339 adesioni, è lottare contro lo sfruttamento del lavoro umano da parte delle “ingiustizie sistemiche” alla base dell’intelligenza artificiale (IA) che, lungi fortunatamente dall’essere in grado di apprendere ed agire autonomamente, necessita anche per funzioni basilari di una notevole quantità di lavoro umano.
Secondo la Data Labelers Association (Dla) gli operatori dati o data workers che hanno oggettivamente contribuito in maniera decisiva a rendere il Kenya uno dei principali centri legati allo sviluppo dell’intelligenza artificiale non solo sono sottopagati malgrado mansioni impegnative ma talvolta addirittura coinvolti in controversie legate a retribuzioni mai effettivamente corrisposte.
Un’ulteriore beffa da parte di questo moderno sfruttamento del lavoro umano se si considerano gli “investimenti” che questi professionisti hanno dovuto affrontare, dagli studi universitari sino alle costose apparecchiature di cui si sono dotati.
Sovente poi i contratti loro sottoposti risultano difficilmente comprensibili per via di linguaggio/terminologia deliberatamente adottati per non parlare talvolta di totale assenza degli stessi, il tutto accompagnato frequentemente da mancanza di assistenza sanitaria od anche minimali garanzie pensionistiche.
Tutti elementi che, anche non congiuntamente, impediscono da un lato una seppur minima pianificazione del loro futuro personale mentre dall’altro influenzano ed intimidiscono alla luce di rischi elevati sia in termini di sfruttamento del lavoro umano che di disoccupazione qualora i termini/tempi di produzione non fossero rispettati.
Ma non è tutto poiché ad ulteriore conferma dello spietato sfruttamento del lavoro umano da parte dell’intelligenza artificiale (IA) vi è anche il fatto che numerosi prodotti per i quali lavorano gli addetti kenyoti all’etichettatura dei dati, non siano nemmeno disponibili nel Paese africano.
I potenziali rischi futuri sono solo una distrazione a fronte dell’impatto attuale e concreto da parte di intelligenza artificiale (IA) ed automazione
Alla luce di quanto esposto circa disoccupazione e sfruttamento del lavoro umano nel Global South non possiamo che interpretare come voluta distrazione i potenziali rischi esistenziali futuri posti da automazione ed intelligenza artificiale.
Infatti queste tecnologie stanno già determinando un impatto molto concreto su soggetti/popolazioni più vulnerabili e discriminati e compromettono anche diritti umani erroneamente ritenuti consolidati e pertanto scontati.
IA, automazione e robot umanoidi nella sanità
Nel prossimo futuro posizioni professionali sino ad ora estremamente qualificate verranno progressivamente falcidiate numericamente da una sistematica ed endemica disoccupazione causata dalla diffusione pianificata di intelligenza artificiale ed automazione (vedi link: Quando il dottore è un algoritmo).
Anche medici ed infermieri saranno soggetti ad una pianificata disoccupazione, privati di prospettive e garanzie malgrado impegno, studi e professionalità, rimpiazzati da algoritmi, intelligenza artificiale (IA) ed automazione sotto forma di robot umanoidi come dimostrato dall’Agent Hospital, l’ospedale cinese per ora virtuale dove 42 medici e 4 infermieri (tutti robot umanoidi) potranno visitare 10mila pazienti in circa tre giorni di attività non stop (vedi link: China AI hospital).
La sorprendente contemporaneità del luddismo in una lotta dei lavoratori mai come ora esistenziale ed in difesa della dignità del lavoro

A metà Ottocento era sorto spontaneamente in Gran Bretagna un movimento popolare guidato da Ned Ludd, figura quasi leggendaria che aveva guidato le masse in una resistenza violenta contro l’introduzione e diffusione dei primi telai meccanici, antesignani esempi di automazione, causa iniziale dei bassi stipendi dei lavoratori salariati, dello sfruttamento del lavoro ed infine della loro stessa successiva drammatica disoccupazione.
I telai dell’Ottocento antesignani di intelligenza artificiale (IA) ed automazione
Una sacrosanta e legittima resistenza violenta diretta conseguenza di un disagio socio-economico da parte di una sempre più estesa classe proletaria sotto progressivo sfruttamento della borghesia britannica.
Una borghesia che pur vivendo un periodo di sviluppo estremamente florido aveva nettamente percepito la profonda e grave minaccia costituita dal luddismo che oltretutto avanzava anche chiare richieste su lavoro e condizioni lavorative.
La sacrosanta resistenza violenta luddista contro le cause di disoccupazione e sfruttamento del lavoro, ieri telai meccanici, oggi automazione ed IA
In estrema sintesi il movimento di resistenza violenta capeggiato da Ned Ludd, chiamato anche Generale Ludd dai suoi seguaci, potrebbe essere definito come una lotta dei lavoratori sia esistenziale che in difesa della dignità del lavoro stesso.
Tutto estremamente pertinente ai giorni nostri visto che intelligenza artificiale (IA), robot umanoidi ed automazione hanno creato in maniera inconfutabile una realtà distopica fondata sullo sfruttamento del lavoro per quanti siano scampati alla disoccupazione.
L’appello di ingegneri e scienziati contro il rischio estinzione causato dall’intelligenza artificiale
A conclusione di questo articolo incentrato su sfruttamento del lavoro umano e disoccupazione scatenati dalla sistematica diffusione di intelligenza artificiale (IA) ed automazione è determinante sottolineare l’opinione di quanti, direttamente coinvolti in questo progetto criminale architettato dai poteri oligarchici, hanno deciso di prenderne le distanze.
Opinione che ha spinto oltre 350 esperti a sottoscrivere un appello intitolato Statement on AI Risk (vedi link: Statement on AI Risk) nel quale viene sostenuta addirittura una possibile estinzione della specie umana come conseguenza diretta di intelligenza artificiale (IA) ed automazione oggettivamente responsabili di numerosi aspetti a dir poco nefasti da diseguaglianze sociali e disoccupazione a sfruttamento estremo del lavoro umano.
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