Da alcuni mesi le legittime e sacrosante argomentazioni degli agricoltori europei, mobilitatisi per svariati motivi fra i quali specifiche richieste di tasse più basse e prezzi migliori oltre a compensazioni in caso di condizioni meteorologiche estreme, sono sfociate in numerose manifestazioni e disordini in tutti i Paesi.
Ma non basta.
Infatti gli agricoltori hanno preso posizione non solo contro le rispettive normative nazionali ma anche contro quelle della Ue ed in particolare la cosiddetta “Farm to fork”.
Parte integrante dell’eurotalebanico green deal, il “Farm to fork” pretende di rendere l’area europea climaticamente neutra entro il 2050 con specifiche norme tese a dimezzare i pesticidi, ridurre del 20% l’utilizzo dei fertilizzanti, aumentare i terreni ad uso non agricolo e raddoppiare la produzione biologica portandola al 25% di tutti i terreni agricoli della Ue.
Da sottolineare poi che le istituzioni europee continuano da molti mesi a consentire incessanti importazioni di beni agricoli dall’Ucraina che non ha le stesse restrizioni ambientali della Ue scatenando in tal modo una concorrenza a basso prezzo.
Ulteriori problemi sono stati determinati sempre dall’Ucraina, proprio quell’Ucraina alla quale gli eurodementi di Bruxelles hanno appena destinato ulteriori ennesimi finanziamenti, i cui cereali in eccesso hanno causato da lungo tempo un vero e proprio sconvolgimento, specie nei Paesi confinanti, dopo una prima fiammata dei prezzi di alcuni prodotti come il grano.
E così mentre gli eurodementi di Bruxelles erano riuniti in un vertice straordinario per dibattere ulteriori aiuti all’Ucraina, centinaia e centinaia di trattori bloccavano il centro cittadino mentre gli agricoltori appiccavano roghi, abbattevano una statua e lanciavano uova e bottiglie contro l’edificio del parlamento europeo.
Se alcune legittime preoccupazioni degli agricoltori cambiano da Paese a Paese, ad esempio in Germania contro i tagli dei sussidi per il gasoio ed in Francia contro gli accordi di libero scambio, molte sono invece comuni quali l’aumento dei costi dell’energia ed il divario sempre più crescente tra margini di profitto dei produttori e quelli invece dei colossi di supermercati ed agroindustria.
Per non parlare poi, come peraltro già accennato, di quanto sostenuto ad ogni costo dagli eurotalebani ambientalisti di Bruxelles e cioè quel cosiddetto green deal che, apparentemente teso a favorire una peraltro demenziale pseudo transizione ecologica, porterebbe a politiche totalmente sbagliate, economicamente insostenibili ed in ultima analisi autodistruttive.
Per quanto riguarda gli agricoltori dei Balcani anche loro si sono mobilitati e grandi manifestazioni sono state organizzate in tutti i Paesi sulla base di numerose motivazioni strettamente locali alle quali vanno aggiunti i grandi temi che caratterizzano la presa di posizione della categoria a livello continentale.
Per entrare nel merito dell’area dei Balcani, nel nord della Grecia gli agricoltori sono scesi in piazza con i trattori ed a Salonicco, sede della più grande fiera del settore agroeconomico, hanno ribadito la volontà di ampliare i blocchi stradali se il Governo non risponderà prontamente con atti concreti.
Gli agricoltori della Grecia in particolare hanno richiesto specifici risarcimenti per quanti abbiano subito danni causati dalla tempesta Daniel che nello scorso mese di Settembre ha devastato fattorie, produzioni animali e vegetali oltre a numerose vie di comunicazione in Tessaglia.
Gli agricoltori della Grecia hanno poi richiesto la realizzazione di specifici progetti infrastrutturali per la protezione dai fenomeni meteorologici, la riduzione dei costi di produzione ed un cambiamento completo circa l’assicurazione agricola in modo che la produzione ed il capitale siano risarciti al 100% per tutti questi rischi.
Sempre nei Balcani, gli agricoltori della Slovenia sono stati molto probabilmente i primi ad interpretare correttamente sin dalle prime avvisaglie quanto poi effettivamente avvenuto e fin dal mese di Aprile dello scorso anno avevano iniziato a manifestare a Lubiana con centinaia di trattori.
I motivi delle proteste degli agricoltori della Slovenia erano, già quasi un anno fa, i regolamenti e le normative ambientali che avrebbero reso praticamente impossibile il lavoro in agricoltura.
Gli agricoltori della Croazia, un altro Paese dei Balcani, hanno protestato contro gli eurotalebani di Bruxelles anche per via del grano proveniente dall’Ucraina.
Al ritiro della Russia dall’accordo sull’esportazione di grano ucraino, il governo della Croazia aveva infatti consentito sin dall’Agosto 2023 che i porti adriatici e quelli sul Danubio permettessero il transito di cereali verso Paesi terzi.
La cosa però avrebbe presto assunto tutt’altra piega e secondo gli agricoltori della Croazia parte dei carichi di grano sarebbe confluita sui mercati locali insieme a grandi quantità di farina.
Anche in Romania le proteste degli agricoltori non si placano ed anche in questo caso si inseriscono in un ampio scenario di scontento agricolo.
Per gli agricoltori della Romania, esattamente come per i loro colleghi dei Balcani e dell’area europea, i nemici principali sono costituiti dal cosiddetto green deal, precedentemente descritto e considerato da molti una sorta di ecologia punitiva, e dalle importazioni dall’Ucraina.
Le proteste in Romania avevano avuto inizio già da alcune settimane, quando cioè agricoltori e camionisti avevano avviato numerose contestazioni con proteste e blocchi stradali che avevano presto raggiunto dimensioni preoccupanti per il Governo.
La causa delle proteste degli agricoltori della Romania erano le precarie condizioni economiche e le loro richieste, unitamente ai camionisti, puntavano al blocco dell’aumento dei prezzi per assicurazioni, carburanti e fertilizzanti.
Nelle zone di confine gli agricoltori della Romania avevano ricevuto sin dalle prime manifestazioni, avvenute mesi or sono, il pieno sostegno dai loro colleghi tedeschi e francesi determinando in tal modo il vero inizio di una rivolta che si è poi rapidamente estesa a tutto il continente.
Anche per quanto riguarda gli agricoltori della Romania le questioni centrali sono il cosiddetto green deal ed il problema dell’Ucraina da cui sin dall’inizio della guerra, ovviamente con l’avallo di Bruxelles, sono giunti prodotti smerciati a prezzi troppo bassi per essere sostenuti dagli agricoltori locali.
Anche questo un grave problema che ha riguardato i mercati di altri Paesi confinanti con l’Ucraina come Polonia, Ungheria e Slovacchia determinando ovunque la giusta rabbia degli agricoltori locali.