Nel mese di Marzo si è tenuto a Bruxelles il Nuclear Energy Summit 2024 a cura della International Atomic Energy Agency (IAEA).
La partecipazione di capi di Stato e delegazioni di ben 36 Paesi impegnati attualmente con impianti di produzione di energia nucleare o comunque pronti a realizzarne dimostra a tutti gli effetti la svolta internazionale ormai in corso da tempo verso il nucleare.
E’ necessario comunque sottolineare alcune prese di posizioni assolutamente contrarie quali la Spagna, che sta modulando una progressiva chiusura dei propri impianti di energia nucleare entro il 2035, la Germania che ha dismesso un anno fa i reattori presenti e l’Italia peraltro da sempre contraria.
Decisamente nutrita la presenza di capi di Stato e rappresentanti di Governo dei Balcani con in prima fila Turchia, Bulgaria, Romania, Serbia, Slovenia e Croazia, ulteriore dimostrazione del loro deciso orientamento nei confronti dell’energia nucleare.
Secondo Robert Golob, Primo Ministro della Slovenia, a fronte della decisione del proprio Paese di decarbonizzare la produzione di elettricità entro il 2040 l’unica soluzione è un mix di progetti (vedi link: Slovenia long term energy policy) basati su energie rinnovabili affiancato però da un aumento derivato appunto dall’utilizzo del nucleare.
Robert Golob ha poi aggiunto che, dopo oltre una quarantina d’anni dalla costruzione della centrale nucleare di Krško, circa il 65% della popolazione della Slovenia ha un’opinione positiva in merito.
Di parere completamente opposto gli abitanti del confinante Friuli (vedi link: il raddoppio della centrale nucleare di Krško fa paura) che sin dal 2021 avevano reso pubbliche fondate preoccupazioni circa i rischi sismici e tellurici che caratterizzano l’area.
Rischi destinati ad aumentare esponenzialmente a fronte del raddoppio della centrale ad energia nucleare di Krško (vedi link: raddoppio della centrale di Krško), realizzata nel 1983 e che dovrebbe continuare l’attività sino al 2043, nelle cui vicinanze si prevede la realizzazione di una seconda centrale nucleare peraltro approvata da tempo dal parlamento.
Nei Balcani, la centrale nucleare di Krško vicina alla Croazia verrà raddoppiata
Sempre nei Balcani, la Croazia, priva di impianti ad energia nucleare ma comproprietaria nella misura del 50% della centrale di Krško e quindi interessata al suo raddoppio, è stata oggetto di aspre critiche da parte di Greepeace che, oltre ad aver sottolineato costi elevati e lentezza nella realizzazione delle sue infrastrutture, ha ribadito un concetto determinante e cioè che la Croazia non ha alcun tipo di soluzione al problema dello smaltimento dei rifiuti nucleari nemmeno dopo oltre quattro decenni di comproprietà della centrale nucleare di Krško.
In lettere aperte (vedi link: Balkan leaders endorse nuclear energy expansion) destinate al Primo Ministro Andrej Plenković ed al Presidente Zoran Milanović, Greenpeace ha aggiunto che “fino a quando questo problema estremamente grave non sarà risolto, è irresponsabile intraprendere nuove avventure pericolose e costose che i media sloveni stimano attualmente in 10 miliardi di euro”.
Sempre in relazione alla posizione assunta da molti Paesi dei Balcani presenti al summit dedicato al nucleare, Greenpeace ha stigmatizzato lo stanziamento di €5 miliardi provenienti dai contribuenti croati per un progetto di energia nucleare privo di tempistica e costo determinati sottolineando i potenziali rischi che potrebbero derivare da eventuali conflitti, terremoti, attacchi informatici od eventi meteorologici estremi.
In occasione del summit di Bruxelles oltre 600 associazioni ambientaliste, fra cui Greenpeace, hanno preso posizione con dichiarazioni contrarie alle “favole nucleari” diffuse a piene mani dagli esponenti della Ue, dal direttore esecutivo dell’International Energy Agency Fatih Birol e dal direttore generale della World Nuclear Association Sama Bilbao y León.
Degne di nota le parole di Von der Leyen che ha fortemente suggerito di pensarci due volte prima di rifiutare l’energia nucleare aggiungendo che “la transizione verde sta vacillando, non solo a causa della lentezza dei progressi ma anche a causa della crescente stanchezza.”
Durante l’evento si è tenuta per le strade di Bruxelles una grande manifestazione anti nucleare.
Malgrado tutto, i leaders dei Paesi dei Balcani condividono i progetti relativi all’espansione della scelta nucleare.
In Romania, come in altri Paesi del Balcani, si nutrono forti speranze per un proprio progetto circa i piccoli reattori modulari o SMRs
Il Ministro dell’Energia Sebastian Burduja ha reso noto che la Romania, grazie ad un aumento della produzione di uranio e di acqua pesante, sta consolidando il suo ciclo nucleare anche se il Paese ha una sola centrale ad energia nucleare a Cernavodă.
Oltre a valutare l’aggiunta di due reattori alla centrale ad energia nucleare di Cernavodă, questo Paese dei Balcani nutre forti speranze per un proprio progetto relativo a piccoli reattori modulari (small modular reactor o SMRs).
Tempi lunghi nei Balcani per l’energia nucleare con SMRs
Se Von der Leyen ha parlato di “lentezza dei progressi” a proposito della transizione verde, vale la pena illustrare l’oggettiva ed inconfutabile lentezza di quanto alimenta le illusorie speranze di molti Paesi anche dei Balcani circa le innovative prospettive dell’energia nucleare e cioè gli small modular reactors o SMRs.
Gli SMRs sono reattori nucleari avanzati con una capacità di potenza fino a 300 MW(e) per unità, circa un terzo della capacità dei reattori nucleari tradizionale, come refrigerante possono utilizzare acqua, gas o sale fuso e trovano applicazione diretta nei processi di desalinizzazione, produzione di energia elettrica, sistemi di energia ibrida, riscaldamento, vapore per applicazioni industriali e svariati altri utilizzi.
A fronte di basse emissioni di carbonio, gli SMRs possono produrre una grande quantità di elettricità.
Attualmente solo Russia e Cina hanno realizzato SMRs operativi.
Per quanto riguarda gli Usa, l’US Department of Energy aveva programmato il primo SMR realizzato da NuScale Power solo verso il 2030 ma a causa dell’aumento dei costi l’accordo è poi definitivamente saltato per via del ritiro dei primi clienti.
Ad inizio 2023 gli Usa avevano certificato il primo piccolo reattore nucleare modulare (vedi link: usa certificano il primo piccolo reattore nucleare modulare) aprendo in tal modo la strada alla realizzazione di reattori decisamente migliori rispetto a quelli convenzionali per minor spazio, manodopera e costi.
Il progetto è stato concesso da NuScale Power che si era impegnata per la certificazione di un piccolo reattore modulare (SMR) dal 2007.
L’uranio resta una incognita che, per motivi di prezzi, inciderà anche nei Balcani sullo sviluppo dell’energia nucleare
Un altro elemento da valutare con attenzione e destinato ad incidere non poco sulle previsioni di sviluppo dell’energia nucleare anche nei Balcani è l’uranio o per meglio dire il suo prezzo a dir poco fluttuante.
Nel corso dell’ultima Conference di COP28 a Dubai, alla quale hanno presenziato 85mila partecipanti ed oltre 150 Capi di Stato e di Governo, ben 22 Paesi hanno assunto l’impegno di triplicare la rispettiva produzione basata sull’energia nucleare.
A fronte di una tale forte domanda di uranio il principale produttore al mondo, la società Kazatomprom controllata dal Governo del Kazakistan attraverso un fondo sovrano, ha replicato che certi ambiziosi obiettivi produttivi avrebbero anche potuto non essere raggiunti.
Kazatomprom è controllata dal Governo del Kazakistan attraverso un fondo sovrano ed è quotata alla Borsa di Londra.
La spinta rialzista sul prezzo dell’uranio, determinata non solo da una crescente domanda ma anche da un più che probabile deficit dell’offerta, ha così iniziato a manifestarsi ad inizio anno.
Questo anche a seguito di prese di posizione a favore dell’aumento di disponibilità di HALEU (vedi link: what is haleu) e cioè High-Assay Low-Enriched Uranium, uranio a basso arricchimento ad alto dosaggio, un combustibile nucleare per la cui produzione la Gran Bretagna ha annunciato investimenti per US$383 milioni.
Attualmente l’HALEU è prodotto esclusivamente in Russia.
Ma nonostante tutto i Balcani confermano la scelta del nucleare
La Bulgaria, un altro Paese dei Balcani presente a Bruxelles, è determinata ad aumentare sensibilmente il suo impegno anche nel campo dell’energia nucleare entro il 2035.
A proposito di energie alternative, la Bulgaria provvederà a collegare alla rete elettrica le proprie centrali solari (vedi link: Bulgaria solar power capacity) e tale apporto determinerà una capacità complessiva di 4.500 MW.
Anche per quanto concerne la Bulgaria, una delle principali sfide di questo Paese dei Balcani è decarbonizzare la produzione di elettricità e secondo il Ministro dell’Energia Rumen Radev il ricorso al nucleare è ritenuto l’unica opzione.
Il Governo della Bulgaria ha in progetto il raddoppio della propria produzione di energia nucleare entro il 2035, un obiettivo forse suffragato dall’esperienza considerevole di circa 50 anni nella gestione e funzionamento della centrale nucleare di Kozloduy.
Sempre nei Balcani, anche la Serbia è orientata a realizzare quattro SMRs malgrado la mancanza di fondi specifici
Un altro Paese dei Balcani, la Serbia, pare determinata a sposare la scelta dell’energia nucleare nella forma di piccoli reattori modulari (small modular reactor o SMRs) necessari per l’industria della difesa.
Infatti nel suo discorso a Bruxelles il Presidente della Serbia Aleksandar Vučić ha reso noto che il suo Governo è propenso alla realizzazione di “almeno quattro SMRs che possano sostituire 1.200 MW”.
Peccato che, oltre alla indisponibilità nei prossimi anni di energia derivata da SMRs, resti irrisolta una “piccola” questione e cioè quella relativa all’aspetto economico.
Aleksandar Vučić ha infatti ammesso che la Serbia non sa assolutamente come finanziare un simile progetto del valore complessivo non inferiore ad €8 miliardi.
Senza contare la moratoria sul nucleare, vigente in Serbia sin dal 1989.
La Jugoslavia comunista, dopo la catastrofe di Chernobyl, aveva infatti provveduto a vietare la costruzione di centrali nucleari e la Serbia aveva continuato questa politica anti nucleare anche dopo la disgregazione jugoslava.
Pare comunque che la Serbia faccia affidamento sulla cooperazione con la vicina Ungheria dove grazie a Rosatom (vedi link: Rosatom getterà il primo calcestruzzo nella centrale nucleare ungherese entro il 2025) è in fase di costruzione la seconda centrale ad energia nucleare, Paks II, finanziata con un prestito russo (vedi link: emendamento al contratto Paks).
Il panorama politico dei Balcani ormai in corsa verso il nucleare si conferma omogeneo con la Turchia, il cui Ministro degli Esteri Hakan Fidan presente a Bruxelles ha dichiarato che la centrale nucleare di Akkuyu, attualmente in costruzione, sarà in grado di soddisfare il 10% della domanda di energia.
Come nel caso di altri Paesi dei Balcani, Rosatom partecipa alla costruzione della centrale nucleare di Akkuju, in questo caso attraverso una sua consociata.